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Il
salasso, pratica
medica antichissima, è nato dalla convinzione che la malattia fosse
causata dalla presenza nel corpo dell'ammalato di "cattivi umori", si tentava perciò di farli uscire o con il salasso o con il clistere.
L'immagine rappresenta i
preparativi per un salasso; è la riedizione di un'antica stampa
Intitolata "La Saignée" di Abraham Bosse - Biblioteca Nazionale, Parigi. |
Set completo per salasso: scodellina
in peltro per la raccolta del sangue, martelletto in legno e flamme a 3 lame. Si
appoggiava la lama alla cute poi un colpo secco del martelletto
sull'asta la faceva penetrare nella vena; il sangue che sgorgava veniva
raccolto nella scodellina di peltro che spesso portava al suo interno
delle incisioni per
indicare il quantitativo di sangue estratto. |
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Antica flamme in ferro a 6 lame.
Flamme 1700 ca - Museo di
Rouen Francia
(Decorative Antique Ironwork) →
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Flamme monolama marcata "A.
Sanelli"
Italiana. Questi strumenti servivano indifferentemente per uso umano o veterinario.
Flamme
a 3 lame Italiana. →
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Flamme a 6 lame "Collange Nadal"
Francese uso probabilmente veterinario.
Flamme a 3 lame "Maniago"
Italiana.→
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Astuccio in cartone pressato (?) con
4 lancette; 2 da salasso in basso in osso e tartaruga e 2 da
vaccinazione in tartaruga in alto -
Seconda metà 1800. |
Prezioso astuccio in argento con
punzone di Londra 1856 e con le iniziali I.C. - Contiene 2 lancette da
salasso in tartaruga in ottimo stato marcate S. Maw London. |
Queste lancette avevano un doppio
uso, potevano essere usate come bisturi sfruttando i 2 lati taglienti
oppure come lancetta da salasso. Vedi anche la pagina Chirurgia alla
voce Bisturi. |
E' probabilmente la più antica,
manico in ebano, 1750 ca. Una molto simile è pubblicata su Antique
Medical Instrument - 14,5 cm |
Lancetta in acciaio ed avorio, 1850
ca. anteriore quindi alla sterilizzazione - 14 cm. |
Lancetta in acciaio ed ebano,
anteriore al 1850 - 18,5 cm. |
Lancetta in acciaio e manico in
finto legno ( ho qualche dubbio sul suo reale utilizzo) - 18,5
cm. |
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Scarificatori |
In alternativa al salasso che
veniva praticato con le lancette incidendo una vena e qualche
volta persino un'arteria (!), venivano usati gli scarificatori,
ingegnosi congegni a
molla: alla pressione di un bottone o di una leva scattavano delle lame che incidevano la cute più o meno
profondamente. Su
queste ferite si
applicava poi una coppetta o ventosa che aspirava il sangue.
A parte i tessuti cutanei
inutilmente martoriati, l'impossibilità di sterilizzare
efficacemente lo strumento che passava da un paziente all'altro,
provocava spesso gravi infezioni.
Nell'immagine a fianco sono
fotografate alcune lancette da salasso (in alto) ed alcuni
antichi scarificatori; la stampa che rappresenta gli
stessi strumenti è originale e proviene dall'Encyclopédie di
Pankouke del 1784.
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Scarificatore cubo in
bronzo probabilmente tedesco a 12 lame. La profondità del taglio poteva essere
regolata tramite il bottone a vite. La molla interna veniva caricata con
la leva superiore, quella laterale liberava le lame. |
Scarificatore in bronzo a 12 lame con
pianta esagonale. La foto a lato mette a confronto questo scarificatore con
quello pubblicato sopra, strutturalmente sono molto simili, cambia
sopratutto il pulsante di scatto delle lame. |
Scarificatore Francese Orthos
a 8 lame. La molla era caricata tramite la chiave
superiore e lo scatto era attivato dal bottone laterale |
Scarificatore cilindrico
marcato LUER a 6 lame - Francia. |
Scarificatore francese scanalato
a 8 lame - non marcato. |
Scarificatore reticolato a 6 lame -
non marcato. Francia |
Scarificatore tedesco
ad una lama con astuccio. Forse sarebbe più esatto
definirlo: "lancetta meccanica". Molto
artigianale la meccanica interna. |
Scarificatore molto simile al
precedente sia per la meccanica che per le dimensioni; è impreziosito da
una piccola incisione. Nella seconda foto il raffronto tra i due
strumenti ; si può notare per ambedue la fattura artigianale e
completamente manuale. Fine 1700 - inizi del 1800.
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Scarificatore di Heurteloup -
Scarificateur d'Heurteloup - Heurteloup Scarificator - 1850 ca. |
Charles Louis
Heurteloup 1793-1864, medico francese, è famoso sopra tutto per la sua
attività di chirurgo ed urologo; si è dedicato ai problemi di calcolosi
vescicale progettando alcuni strumenti per la litotripsia ma si è anche
interessato alle patologie oculari.
Secondo le teorie
dell’epoca tutto o quasi poteva essere risolto con il salasso: quindi
sottraendo del sangue in eccesso dalla zona temporale anche i problemi
oculari potevano averne un beneficio; egli ha perciò ideato attorno al
1850, uno scarificatore che doveva servire allo scopo: questo consisteva
in un pistone meccanico terminante con una lama elicoidale, la sua
rotazione provocava un’incisione circolare di circa 0,5 cm. Per
prelevare una maggior quantità di sangue dalla ferita ha poi aggiunto
una siringa aspirante (sanguisuga artificiale).
Lo strumento ha
avuto un momentaneo successo ma visti gli scarsi risultati terapeutici
ottenuti è stato presto abbandonato; per questo motivo oggi è un oggetto
molto raro. |
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Due scarificatori con lame di diverso
diametro |
Astuccio comprendente uno
scarificatore e una siringa per l'aspirazione del sangue |
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L'immagine a lato è tratta dal catalogo
Galante del 1885. |
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Le pagine pubblicate sono
tratte dal "Vademecum Anatomo-Chirurgico" di W Roser tradotto dal Dr.
G.F. Novaro - Edizione Ermanno Loescher - Torino 1872.
Viene descritto l'uso della
Sanguisuga Artificiale di Heurteloup con l'indicazione delle
patologie nelle quali deve essere usata.
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Coppetta o Ventosa |
L'uso della ventosa è
antichissimo ed era legato all'ipotesi che il dolore o la
malattia potessero venire "succhiati" fuori dal corpo. Le prime antiche
ventose erano fatte con corna di animali: si applicavano alla cute
mentre una persona aspirava l'aria attraverso un piccolo foro; più tardi si sfruttò il fenomeno
fisico dell'aumento di volume dell'aria calda e della sua contrazione quando essa si
raffreddava; più
recentemente si sono usate pompe pneumatiche di vario tipo. |
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Bassorilievo del tempio di Esculapio
di Atene. Sono raffigurati alcuni strumenti chirurgici e lateralmente
due
coppette (probabilmente metalliche) molto simili a quelle odierne . |
Museo Archeologico Nazionale di
Napoli - Coppette ventose metalliche di epoca romana |
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2 gruppi di ventose in vetro soffiato di tipo
comune; si bagnava l'interno con dell'alcool e lo si accendeva, l'aria veniva riscaldata.
Si applicava alla cute a fiamma quasi spenta, ciò non evitava a volte,
qualche dolorosa ustione. |
Ventose in vetro soffiato,
leggerissime, molto sottili e dotate di una protuberanza vuota; all'interno di questa cavità
si metteva un batuffolo di cotone imbevuto di alcool, lo si accendeva e subito
si applicava la coppetta alla cute; la fiamma bruciava l'ossigeno
contenuto nella coppetta e si spegneva creando un vuoto parziale; vedi
istruzioni delle Ventouses Epy, praticamente identiche. |
Elegante set composto di 4 coppette
di diverse dimensioni, di 4 piccoli rubinetti da inserire sulle coppette, di uno scarificatore e di una pompa aspirante. Si applicava la coppetta alla cute
quindi con la pompa si creava il vuoto desiderato; si chiudeva poi il rubinetto
impedendo così all'aria di rientrare. |
Una pompa aspirante creava la
depressione all'interno della ventosa, invece del rubinetto sulla
sommità della ventosa vi era una valvola che impediva il rientro dell'aria. |
Set di 5 ventose con bugno in vetro
pieno, scarificatore e bruciatore ad alcool. L'aria interna della coppetta
veniva riscaldata mediante il bruciatore "teapot" e immediatamente
applicata alla cute. La contrazione dell'aria che si raffreddava creava una
depressione. |
Elegante set marcato Collin - la
depressione è ottenuta mediante una pompa aspirante; il rubinetto
sulla ventosa manteneva il vuoto. La pompa poteva essere applicata
direttamente sulla ventosa oppure si poteva distanziare per mezzo del
raccordo flessibile in gomma. |
Set di ventose pneumatiche FOX del
Dr. Ducruet. Ingegnoso il funzionamento: la pompa gonfiava un palloncino di gomma
contenuto all'interno della coppetta, una volta applicata alla cute, per mezzo di una valvola
si sgonfiava il
palloncino creando così una depressione. |
Il set è composto da 2 ventose di
differenti dimensioni munite ciascuna di un rubinetto, il principio è
sempre quello della pompa aspirante, ma in questo caso la pompa è in
ebanite. Lo scarificatore è marcato "Luer". |
Coppetta con
scarificatore incorporato - Bdellomètre. (non fa
parte della collezione) |
Per gentile
concessione dell'amico Andrea Menarini pubblico a scopo documentale la
foto di una rara ed inusuale ventosa. A differenza di ciò che avveniva
normalmente, lo scarificatore (a due lame regolabili) era all'interno
della coppetta, fissato ad una bacchetta di ottone che usciva attraverso un premistoppa; l'incisione della cute si
otteneva con un colpo di martelletto sul bottone terminale
della bacchetta; alla presa laterale in ottone era poi applicata una
pompa che permetteva la decompressione e l'aspirazione del sangue.
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Strumento ideato da
Baunscheidt attorno al 1850; una molla scaricava nella cute del paziente
30 piccoli aghi precedentemente immersi in soluzioni di mentolo, canfora ed
oli vegetali: l'effetto revulsivo guariva secondo l'inventore qualsiasi
affezione; i risultati erano garantiti.....sicuramente i pazienti
si dichiaravano guariti pur di non subire una seconda volta simile
trattamento; alcuni autori hanno visto in questa
metodica una certa somiglianza con l'agopuntura cinese.
E’ stato pubblicato
dal Pr. Dirk H.R. Spennemann della
Charles Sturt University – Australia, uno studio molto approfondito su
Baunscheidt e sul revulsore da lui ideato: “Lebenswecker”; all’indirizzo:http://csusap.csu.edu.au/~dspennem/SGCH/SGCH004.pdf
è possibile scaricare la monografia completa
Segnalo una curiosa notizia che riguarda questo strumento tratta da
"
Les Instruments d'Anesthésie et de
Réanimation "
. |
Le risque d'être enterré vivant a été une
grande
préoccupation dans les siècles
précédents, ainsi le croque-mort était chargé
de croquer l'orteil du cadavre afin
de
confirmer la mort. En 1848, le révulseur de Baundscheidt ou
Dermabioticons
était
supposé apte à «réveiller n'importe
qui, n'importe quand, en toutes circonstances». La
stimulation était faite par la
pénétration
brutale au niveau cutané de 33 aiguilles actionnées par un ressort! De
plus,
Baundscheidt conseillait d'enduire
la partie visée d'une huile irritante composée
de sinapsis nigra et de piper
nigrum. |
La grande preoccupazione dei secoli precedenti è
stata quella di poter essere sepolti vivi, per questo motivo
il becchino era incaricato di morsicare l’alluce del
cadavere (sic) per accertarne la morte. Nel 1848 il revulsore
di Baundscheidt o Dermabioticons è stato considerato utile
per “risvegliare chiunque, non importa dove, in ogni
circostanza”. La stimolazione era ottenuta dalla brutale
penetrazione nella cute di 33 aghi azionati da una molla! Per
di più, Baundscheidt consigliava di ungere la parte da
sottoporre al trattamento con un olio irritante composto da
sinapsis nigra et de piper
nigrum |
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La sanguisuga detta
anche volgarmente "mignatta" è un anellide che vive nell'acqua
dolce non inquinata dei fiumi e dei laghi.
Esistono numerose
specie di sanguisughe ma quelle usate in medicina erano l'Hirudo
Medicinalis e l'Hirudo Officinalis; le loro dimensioni vanno da 8 a
15 cm.
Per
mezzo di guide cilindriche (1) in vetro o metallo venivano poste a contatto della
pelle dell'ammalato alla quale si attaccavano; con le loro 3 mascelle
semicircolari incidevano la cute e dalla ferita succhiavano un certo
quantitativo di sangue prima di staccarsi; per questo motivo venivano usate al posto delle
scarificazioni.
Nel 1800 questa pratica ebbe una grande diffusione in Francia ed in Italia.
Dal "Dictionnaire De
La Médecine NYSTEN" del 1855 (vedi immagine sopra) ho tratto i
consigli per chi volesse cimentarsi nell'allevamento delle sanguisughe:
...."I vasi in cui sono
conservate le sanguisughe devono avere una larga apertura, contenere per
i 2/3 della loro altezza dell’acqua piovana o acqua di fiume o di uno stagno
che bisogna rinnovare ogni 2 giorni in inverno, ogni 5 giorni in estate
e comunque tutte le volte che un animale muore"....
(1) In un vecchio libro di
medicina di fine ottocento si consigliava di arrotolare a cilindro una
carta da gioco e di usarla come guida per la sanguisuga quando non si
fossero trovato altri mezzi...
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Le sanguisughe erano
conservate in vasi di vetro o di ceramica normalmente a casa del medico
o del farmacista. Questo a
fianco è un tipico ed interessante vaso dei primi dell'800.
L'imboccatura del vaso veniva chiusa con una
garza e uno spago.
Altezza 28 cm, diametro 18 cm.
Il
cucchiaio in legno serviva per estrarre
le sanguisughe che venivano poi messe in un piccolo contenitore
provvisto di fori come quello pubblicato più sotto, per essere portate a casa del
paziente.
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Boite à
sangsues - Leeches box.
Piccolo
contenitore con fori di areazione, 60x30x18 mm. Serviva per il trasporto
delle sanguisughe dal boccale al paziente.
Un oggetto simile è descritto sull'
"Antique Medical Instrument" di Keit Wilbur, vedi foto sopra.
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L'articolo con la relativa traduzione
in Italiano, è tratto dal giornale "Magasin Pittoresque" del 1833 e
mostra quanto fosse grande il numero di questi anellidi importati in Francia
in un anno. |
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"Il commercio delle sanguisughe raggiunge
annualmente in Francia parecchi milioni di franchi. Dieci anni
fa il commercio estero ce ne forniva solamente 5400; nel 1830 ne ha
forniti più di 35 milioni; a questo numero bisogna aggiungere altri
20 milioni di sanguisughe provenienti dal mercato interno con un
totale di più di 55 milioni di questi animali per il consumo
annuale della Francia; dato che ogni sanguisuga costa al consumatore
10 cent. ne consegue che ogni anno si spendono più di 5.500.000
franchi."
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Sul lungolago della bella
cittadina di Salò (Lago di Garda) sono esposte due grandi vasche
cilindriche in pietra il cui diametro supera abbondantemente il metro.
La targa in bronzo ci informa che questi
contenitori erano utilizzati dall'antica farmacia Bonaldi per
l'allevamento delle sanguisughe.
Si può presumere che ciascuna vasca
potesse contenerne diverse centinaia destinate sia ad un uso locale ma
anche all'esportazione nelle città vicine; questo conferma come l'uso di
questi anellidi fosse molto diffuso anche in Italia.
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